Una gita a Manarola
Prima che finiscano le nostre vacanze invernali, ci siamo regalati una gita a Manarola. Spesso i dintorni di casa sono proprio quelli più trascurati con mille scuse. Quando però si abita vicino a posti di bellezza eccezionale come le Cinque Terre, bisogna cogliere al volo il tempo favorevole e la previsione di non trovare troppa gente nei paesi e sui sentieri. A Manarola ci accoglie un bel cielo limpido, dopo la pioggia della mattina, e anche il sole scalda ben bene. La passeggiata bassa, quella a picco sul mare si interrompe dopo pochi metri. Le casette colorate ci osservano dall’alto dei loro tetti. Ripenso ad una storia che raccontava un vecchio zio di Alberto, quando, per portare al forno la pasta del pane per la cottura, si gridava: pascer il pan, cioè passa il pane, perché le donne che riordinavano le abitazioni al mattino non svuotassero gli orinatoi giù dalle finestre nel momento in cui passava il pane da cuocere, appoggiato su lunghi taglieri di legno.
Nonostante le ginocchia doloranti, abbiamo voglia di camminare e partiamo alla volta di Corniglia. Le prime indicazioni, a dire il vero, riguardano Volastra. Ci si inerpica in mezzo ai vigneti e ad un certo punto, pensiamo addirittura di esserci allontanati del tutto dall’obiettivo principale perché non vediamo più il mare e siamo circondati da una distesa di oliveti. Il fiato è corto perché il sentiero è sempre in salita. A Volastra ci raccomandiamo a nostra Signora della salute circondata da altri vigneti eroici, mentre la salita rallenta e si trasforma in un tranquillo falso piano. Come faranno a raccogliere i grappoli dai pergolati posti sì e no a trenta centimetri dal terreno? Domanda che non trova risposta. Passeremo in autunno a vedere.
Sulla rotta del sole che scende verso l’orizzonte, appare Corniglia, con le casette colorate e sospese tra il cielo e il mare. Da qui non vediamo lo sperone di roccia sul quale è stato costruito il paese più piccolo delle Cinque Terre, per difendersi dai saraceni. La stanchezza incomincia ad anchilosarci le gambe e speriamo di trovare la navetta che ci porti in stazione senza dover scendere i quasi 400 scalini che ricordiamo fatti in salita durante l’ultima gita, nell’altro secolo! Il nostro desiderio viene esaudito. Soddisfatti del cammino, prendiamo posto sulla navetta e, in men che non si dica, siamo sul marciapiede ad aspettare il treno. Ora sì che si vedono i cento metri di roccia che sorreggono il paese! Bella gita, ne valeva la pena. Laura